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Interni e Sale più Importanti del Palazzo Ducale di Venezia

Stai per visitare gli interni del Palazzo Ducale di Venezia? In questo articolo ti elencherò le numerose sale del Palazzo e le funzioni che svolgevano, con un riassunto delle principali opere custodite al loro interno.

In questo articolo, per facilità di comprensione della struttura dell’edificio anche per chi non si trova attualmente al suo interno, seguirò una divisione per piani e non per percorso di visita (per cui ho redatto un articolo apposito).

Sei pronto? Iniziamo la visita!

Prima di iniziare, una breve premessa: se hai intenzione di visitare il Palazzo Ducale di Venezia, le sale e tutti gli altri ambienti, è fortemente consigliato acquistare il biglietto online, a causa della lunga coda che potrebbe formarsi in biglietteria. Acquistando il ticket in anticipo, potrai accedere al Palazzo dei Dogi saltando la fila.

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Biglietto salta fila Palazzo Ducale Venezia: accesso rapido

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Struttura del Palazzo

Il Palazzo ha una struttura complessa divisa in diversi piani:

  • Il Piano terra è occupato dal Museo dell’opera e dalle antiche celle di detenzione del Palazzo, chiamate “Pozzi”;
  • Il Primo Piano è occupato dalle logge, dagli uffici del Museo e della Soprintendenza e da alcune sale collegate alle prigioni, un tempo destinate al giudizio dei reati;
  • Il Secondo piano è occupato in gran parte dagli appartamenti del doge, oltre che dalle sale del Maggio Consiglio e dello Scrutinio;
  • Il Terzo piano ospita le sedi dei maggiori organi di Governo della Repubblica e l’armeria del Palazzo;
  • Il Sottotetto ospita le prigioni chiamate “Piombi” e la Cancelleria.

Il Piano terra

Il Museo dell’opera

All’epoca della Repubblica di Venezia la manutenzione del Palazzo Ducale era di competenza del Senato, che veniva talvolta assistito da commissioni formate ad hoc, e dal proto, ossia dell’architetto al servizio dei Provveditori del Sale, la magistratura che amministrava i fondi destinati alla riparazione delle opere pubbliche.

L’Opera di Palazzo Ducale venne fondata nell’Ottocento e svolge le funzioni di tutela del monumento a seguito della caduta della Repubblica veneziana, il Museo al suo interno contiene un allestimento articolato in sei stanze al piano terreno, adibite anticamente a funzioni carcerarie.

Nella Sala I sono esposti i famosi capitelli, con le relative colonne, provenienti dal porticato della facciata del Palazzo. Nella sala trova inoltre spazio il modello ligneo dei puntellamenti realizzati per sostenere l’edificio durante i restauri del XIX Secolo.

Le Prigioni (Pozzi)

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Le Prigioni occupano tutti i piani del Palazzo, al piano terra erano collocate delle celle piccolissime e dal soffitto talmente basso da non permettere la postura eretta, i famosi “Pozzi”. Ogni singola cella conteneva un solo asse come letto, una mensola e un recipiente per i bisogni corporali.

Queste erano le celle destinate ai detenuti che si erano macchiati dei reati più gravi e che difficilmente avrebbero riottenuto la libertà.

L’accesso a questi malsani luoghi di detenzione avveniva attraverso una scala posta all’altezza dello scalone dei giganti, dopodiché delle scale interne collegavano tutti e quattro i livelli delle prigioni dal piano terra al sottotetto.

Il Primo piano (nobile)

Il Primo piano del Palazzo è circondato verso il cortile da una loggia con archi ogivali che prosegue all’esterno, affacciandosi sul bacino e sulla piazzetta.

Il grande complesso di loggiati a cui si ha accesso tramite la Scala dei Giganti permette di compiere un giro lungo le tre ali del palazzo, con suggestivi scorci sul cortile e sulla Piazzetta San Marco.

Gli ambienti affacciati sulla loggia sono compresi solo in parte nel percorso di visita: l’ala trecentesca ospita gli uffici della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, quella rinascimentale la Direzione e gli uffici della Fondazione dei Musei civici di Venezia; nella sala accanto, un tempo occupata dalla Cancelleria inferiore, si trova il Bookshop.

Un tempo l’accesso principale al palazzo avveniva attraverso la Scala dei Giganti; mentre oggi il percorso di visita ha inizio dalla Scala dei Censori.

La Scala d’Oro

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L’accesso agli appartamenti del doge e alle sale istituzionali avviene attraverso la maestosa Scala d’Oro, così chiamata per la presenza dei luminosi stucchi impreziositi dall’impiego delle foglie auree.

La volta della scala è decorata da riquadri ad affresco e ai suoi piedi sono presenti due colonne che sostengono le statue cinquecentesche di Ercole che uccide l’Idra e Atlante che porta la volta celeste, opera di Tiziano Aspetti.

La decorazione della volta, portata a compimento nella seconda metà del XVI Secolo, raffigura soggetti dedicati alla dea Venere, nativa di Cipro, isola assoggettata dalla Repubblica veneziana, e al dio Nettuno, re dei mari e alle Virtù necessarie al buon governo.

Gli stucchi sono opera di Alessandro Vittoria, mentre gli inserti affrescati con grottesche e scenari di maggiore complessità sono opera del pittore manierista Battista Franco.

Il Piano secondo (nobile)

L’appartamento del doge

Percorsa la scala d’Oro fino al primo pianerottolo e la prima rampa laterale posta sulla destra, si accede a un ampio corridoio che porta all’appartamento ducale.

Gli appartamenti del doge sono da sempre situati in quest’ala del Palazzo, a ridosso dell’abside di San Marco.

Distrutti a seguito di un incendio scoppiato nel 1483, questi vennero rinnovati ad opera degli architetti Antonio Rizzo e Pietro Lombardo. La decorazione degli ambienti si limita esclusivamente a soffitti, fregi e camini, questo perché ogni doge, appena eletto, vi si trasferiva con i propri arredi personali. Per quanto gli appartamenti ospitassero la maggiore carica dello stato, questi ospitavano pochi spazi per la sua vita privata.

Sala degli Scarlatti

Questa sala svolgeva la funzione di anticamera per i consiglieri ducali, il nome si riferisce alle toghe purpuree con cui vestivano questi funzionari.

Il soffitto ligneo risale al XVI Secolo è opera di Pietro e Biagio da Faenza, mentre il camino recante lo stemma del doge Agostino Barbanigo è opera della bottega dei Lombardo. Sopra le porte sono presenti dei bassorilievi in pietra raffiguranti una Madonna col Bambino e una Madonna adorata dal doge Leonardo Loredan.

Nella sala potrai ammirare inoltre due lunette ad affresco, una è la Madonna col bambino di Tiziano, la seconda raffigura La Resurrezione, ed è opera di Giuseppe Porta.

La piccola pala su legno rappresenta il doge Loredan con San Marco in Adorazione della Vergine e San Giovanni Battista, ed è opera di Vincenzo Catena.

Sala dello Scudo

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La sala dello scudo si caratterizza per la presenza dei due grandi globi del XVIII Secolo, raffiguranti la sfera celeste e la sfera terrestre. La sala si sviluppa per tutta la lunghezza del Palazzo, dal rio al cortile.

L’ambiente svolgeva la funzione di luogo di rappresentanza destinato a ricevimenti e incontri ufficiali e ospitava lo ‘’scudo’’, ossia lo stemma del doge in carica. Oggi è ancora conservato quello dell’ultimo doge della Serenissima, Ludovico Manin (1789-1797). Le mappe furono eseguite in origine dal geografo e umanista Giovanni Battista Ramusio, dal greco Giovanni Domenico Zorzi e dal Piemontese Giacomo Gastaldi, per poi essere completamente rinnovate nel 1762 su volere del doge Marco Foscarini.

Le mappe rappresentano i paesi di ogni continente, gli Stati del Mediterraneo, la Scandinavia e le isole prossime al Mare Glaciale, le regioni dell’America Settentrionale, le terre affacciate sull’Atlantico del Sud, la Cina, L’India e l’Asia Minore. Si celebrano inoltre i viaggi di famosi esploratori veneziani tra cui Marco Polo, Giovanni e Sebastiano Caboto, Nicolò Zen (arrivato in Groenlandia nel 1380) , Pietro Querini (naufragato in Norvegia nel 1432) e Alvise da Mostro ( scopritore di Capo Verde).

Sala Grimani

Sala destinata alle udienze del doge, che ospitava sempre il ritratto del dux in carica.

La sala fu decorata sotto il principato di Marino Grimani (1595-1605), committente del soffitto a intagli dorati, sul quale è presente il suo stemma, e del fregio con figure allegoriche dipinto da Giulio dal Moro.

Il caminetto è adornato con un bassorilievo raffigurante divinità marine che attorniano il leone marciano.

Le tele alle pareti propongono alcune rappresentazioni del Leone di San Marco, tra cui il famoso Leone Andante di Vittore Carpaccio datato 1516, che mostra sullo sfondo una veduta di Palazzo Ducale con l’attigua Piazzetta. Il Leone, con le sue zampe posteriori posate sulle onde del mare, simboleggia il dominio di Venezia sulla terra e sul Mare.

Sala Erizzo

Anche in questa stanza è presente un soffitto a intagli dorati su fondo azzurro e un camino di scuola lombardesca.

Il camino è sormontato da una cappa con le figure in stucco di Venere e Vulcano, risalenti al dogato di Francesco Erizzo, che fu anche un valoroso militare, le cui gesta sono raffigurate sulle tele del fregio di Giovanni Battista Lorenzetti.

Gli altri dipinti presenti nella sala, opera di Girolamo Bassano raffigurano soggetti sacri, La salita al calvario, l’Arca di Noè e la Presentazione al tempio.

Il giardino pensile affacciato sul cortile del Palazzo era raggiungibile attraverso una scaletta mobile accostata alla finestra.

Sala degli Stucchi o Priuli

La piccola sala è decorata sulle volte e sul camino da stucchi dell’artista tardomanierista Giulio dal Moro eseguiti sotto i dogadi di Marino Grimani (1595 – 1605) e Antonio Priuli (1618 – 1623).

Alle pareti sono presenti nove tele provenienti dalla Prucuratia “de supra’’. Accanto a scene sacre opera di Bonifacio de’ Pitati, Pordenone, Salviati e bottega bassanesca, è esposta una tela di Jacopo Tintoretto, il Ritratto di Enrico III, accolto a Venezia con grandi festeggiamenti durante il viaggio di ritorno dalla Polonia alla Francia per salire al trono dopo la morte di Carlo IX.

Sala dei filosofi

Questo ambiente fu decorato per volontà del doge Marco Foscarini, che fece collocare entro dodici cornici in stucco immagini di filosofi antiche, dipinte nel secondo Cinquecento da Paolo Veronese e altri maestri per la libreria della Biblioteca Marciana. Le tele tornarono nella sede originaria nel 1929, e vennero sostituite da ritratti e figure allegoriche datate al XVII Secolo.

Sulla parete verso il cortile è presente una porticina, da qui parte una scala interna che permetteva al doge di raggiungere rapidamente le stanze del Collegio e del Senato poste al piano superiore. Proprio sopra l’apertura, dopo aver percorso i primi gradini, potrai ammirare il San Cristoforo con il Bambino sulle spalle eseguito da Tiziano nel 1523-24.

Sala Corner

Questa sala ospita un camino marmoreo di fine quattrocento con un fregio raffigurante putti alati su delfini, e al centro il leone marciano.

Alla sommità delle pareti è presente una fascia dipinta con le rappresentazioni dei dodici mesi.

Oltre all’albero genealogico della famiglia Foscarini e una rappresentazione seicentesca della Battaglia al ponte dei pugni di San Barnaba, si segnalano due tele di Filippo Zamberti sul dogato di Giovanni I Corner con un banchetto solenne e la visita all’isola di San Giorgio.

Sala dei ritratti

Questa piccola sala ospita un camino della bottega dei Lombardo eseguito all’epoca del doge Agostino Barbanigo.  Oltre alla Madonna in trono con Bambino di Alvise Vivarini e La vergine orante di scuola giottesca, potrai qui ammirare il celebre Compianto di Cristo di Giovanni Bellini, proveniente dalla cappella del Palazzo.

Sala degli Scudieri

Questo ambiente faceva un tempo da ingresso agli appartamenti del doge, e conserva ancora parte della decorazione originaria sul soffitto e nel fastoso portale che conduce alla sala dello Scudo, sovrastato dal un gruppo allegorico con lo stemma del doge Marcantonio Memmo (1612-1615).

Gli scudieri, da cui la sala prende il nome, erano nominati a vita dal doge e si occupavano dei servizi di anticamera, accompagnando il principe nei cortei e nelle processioni, con il compito di portare i simboli della sua dignità.

Liagò

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Questa sala svolgeva la funzione di anticamera per la sala del Maggior Consiglio.

Il soffitto a travi dorate risale al Cinquecento, mentre le tele risalgono al secolo successivo, con opere di Domenico Tintoretto (La gente di mare offre un modello di galera a Santa Giustina, La trasfigurazione, il doge Giovanni Bembo dinanzi a Venezia con figure allegoriche) e Jacopo Palma il Giovane (Il doge Marcantonio Memmo dinanzi alla vergine con figure simboliche di città soggette, La Religione, La Concordia).

Nel vestibolo adiacente si trova il cartone preparatorio di uno dei mosaici del secondo portale esterno della Basilica di San Marco di Sebastiano Ricci con L’arrivo a Venezia del Corpo di San Marco e tre sculture di Antonio Rizzo, Adamo ed Eva e Il Portascudo, eseguite per decorare l’Arco Foscari.

Quarantia Civil Vecchia

sala della quarantia civil vecchia palazzo ducale venezia

La sala ospitava la Magistratura del Consiglio dei Quaranta, competente in materia giudiziaria. Nel Quattrocento il Consiglio venne diviso in tre consessi:

  • La Quarantia criminale per i reati penali
  • La Quarantia Civil Vecchia per le cause e gli appelli della città Venezia
  • La Quarantia Civil Nuova per le cause e gli appelli della Terraferma

Lo spazio, che assunse la sua conformazione originaria nel XVII Secolo, è dominato dalla grande finestra gotica sul lato del rio, e conserva dietro ai dossali lignei posti sul perimetro, le tracce di un affresco della decorazione precedente.

Le tele seicentesche raffigurano tematiche legate alla celebrazione di Venezia.

Sala dell’Armamento (o Sala del Guariento)

Questo piccolo ambiente era destinato a deposito di munizioni, oltre che a luogo di sosta per il corpo armato che sorvegliava le sedute del Maggior Consiglio.

Al suo interno è ospitato il grande affresco trecentesco del Guariento, che fu rinvenuto sotto la tela del Paradiso del Tintoretto, e quindi staccato e ricollocato nel 1903. L’opera rappresenta l’Incoronazione della Vergine assisa in trono accanto al Redentore.

Sala dello Scrutinio

sala dello scrutinio palazzo ducale venezia

Attraverso un ambiente di passaggio o la vicina stanza in cui si riuniva la Quarantia Civil Nuova si raggiunge la sala destinata allo svolgimento delle procedure di voto. Prima di essere adibito a tale mansione questo spazio custodiva i preziosi codici che Francesco Petrarca e il Cardinale Bressanone avevano donato ala Repubblica di Venezia, poi trasferiti nella Biblioteca Marciana.

Le opere originarie della sala andarono distrutte nel 1577 a causa di un incendio. Il nuovo disegno fu predisposto da Cristoforo Forte. Le tele alle pareti raffigurano imprese gloriose dei cittadini veneziani.

Degna di nota è la tela del Il Giudizio Universale di Jacopo da Palma Il Giovane (1594 – 1595).

La Sala del Maggior Consiglio

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L’ala del Palazzo Ducale affacciata sul bacino di San Marco è occupata pressoché interamente dalla sala del Maggior Consiglio, l’ambiente che ospitava le sedute del consesso plenario della Repubblica.

Il doge sedeva al centro del tribunale insieme ai suoi consiglieri, circondato dai tre capi del Consiglio dei Dieci e dalla Quarantia Criminale, dagli avogadori di Comun e dai censori, mentre i patrizi si disponevano sugli scranni laterali sul perimetro dell’aula e sui doppi banchi affiancati disposti in nove file.

La sala ha dimensioni enormi, 53 metri di lunghezza per 25 di larghezza, poteva contenere più di 2000 persone e occupa quasi tutta l’ala del palazzo posta verso il bacino di San Marco.

Il soffitto ligneo è completamente coperto d’oro e tele dipinte, la sua struttura è composta da un sistema di travi e tralicci che permettono alla pesante copertura di reggere senza l’ausilio di colonne.

Alle pareti sono presenti grandi tele che ritraggono episodi della storia Veneziana come La Quarta Crociata del 1202, posta sul lato verso il bacino e La Pace di Venezia, il tema di riferimento è quello dei rapporti della città con il papato e il Sacro Romano Impero.

Le tele che ornano la copertura della sala raffigurano gesta e virtù di valorosi cittadini veneziani, mentre al centro si trova una glorificazione allegorica della Repubblica ad opera del Veronese, il “Trionfo di Venezia, incoronata dalla Vittoria’’, posto sulla parete del tribunale. L’opera raffigura Venezia incoronata e circondata da Onore, Pace e Felicità al cospetto di tutta la società veneziana, dalla nobiltà fino al popolo, sorvegliato da guardie a cavallo.

Verso il cortile sono collocate le tele di dodici episodi riguardanti le vicende di Alessandro III e Federico Barbarossa.

Al di sotto del soffitto è presente un fregio del Tintoretto che reca i ritratti dei primi settantasei dogi di Venezia (dall’anno 804 al 1556), ogni doge tiene in mano un cartiglio su cui sono rappresentate le opere più significative del suo dogado.

In fondo alla sala si trova il colossale dipinto del Paradiso realizzato tra il 1588 e il 1592 da Jacopo Tintoretto.

Il dipinto vede come protagonisti centrali Gesù e Maria, una luce al di sotto di loro scende, lo spirito santo, che cade esattamente sul timpano del trono su cui sedeva il doge.

Il tema non è solo religioso ma è anche l’Allegoria del Buon Governo, la luce è l’essenza divina che entra nella figura del doge e gli permette di prendere sempre la decisione più giusta.

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Il terzo Piano (nobile)

Varcati i battenti del portale vero la Scala d’Oro, si prosegue il percorso di visita nelle sale istituzionali al piano superiore.

Il secondo piano del Palazzo è occupato da una serie di sontuosi ambienti, decorati a partire del 1574, anno in cui un incendio provocò danni a quest’area dell’edificio.

Atrio quadrato

Percorsa l’ultima rampa della scala d’Oro si giunge giungerai nell’atrio quadrato. Questo ambiente introduce alle sale che ospitavano i consessi più importanti nella vita politica della Repubblica di Venezia.

Al centro del soffitto è immortalato il doge Girolamo Priuli (1559-1567), insieme al santo eponimo e alle personificazioni della Pace e della Giustizia, rappresentate all’interno della tela ottagonale eseguita dal Tintoretto. Sempre alla bottega del Tintoretto spettano le otto tele laterali con episodi biblici e putti simboleggianti le stagioni.

Nella sala sono attualmente esposte scene sacre realizzate a fine Cinquecento, L’Annuncio ai pastori Di Girolamo Bassano e tre tele attribuite al Veronese, Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre, La preghiera nell’orto e San Giovanni scrive l’Apocalisse.

Sala delle quattro Porte

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La Sala delle Quattro Porte è un’aula solenne che occupa tutta la larghezza del piano, dal cortile al rio.

Svolgeva la funzione di luogo di alta rappresentanza, in attesa dell’ingresso ai consigli, e quella di collegamento tra le sale in cui si riunivano le più alte magistrature della Repubblica.

La sala venne restaurata a seguito dell’incendio del 1574 sulla base di un progetto di Andrea Palladio e Giovanni Antonio Rusconi. Il soffitto a volta a botte è ornato con ori e stucchi eseguiti in gran parte da Giovanni Battista Cambi, detto il Bombarda. Il programma iconografico su essa rappresentato fu ideato dal poligrafo Francesco Sansovino. Sulla volta sono dipinte grottesche con figure allegoriche, divinità, putti, genii alati, sirene e tritoni. La forte carica simbolica è enfatizzata dalle rappresentazioni ad affresco opera di Jacopo Tintoretto, di cui resta però ben poco a causa dei restauri resi necessari dalle problematiche del tempo e dell’umidità.

Le tele ovali includono personificazioni di Venezia e di citta ad essa assoggettate (Verona, Brescia, Istria, Padova, Friuli, Treviso, Vicenza, Altino) mentre sugli scomparti maggiori sono rappresentati Giove consegna a Venezia il dominio dell’Adriatico, Giunone offre a Venezia le insegne del potere e Venezia spezza il giogo della schiavitù.

Risalente al 1758 è la tela Nettuno offre doni a Venezia, opera di Giambatttista Tiepolo, la tela raffigurante Venezia appoggiata al mondo è invece di Nicolò Bambini.

Ciascuna della quattro porte, disegnate da Andrea Palladio, hanno un relativo gruppo scultoreo che evoca i compiti degli organi di governo delle sale a cui introducevano:

  • La vigilanza, L’Eloquenza, La facilità dell’udienza per il Collegio
  • La Pace, Pallade, La Guerra per il Senato
  • L’Autorità, La Religione, La Giustizia per il Consiglio dei Dieci
  • La segretezza, La Diligenza, La Fedeltà per la Cancelleria.

La decorazione alle pareti annovera scene votive e rievocazioni di eventi storici.

Sala dell’Anticollegio

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La Sala dell’Anticollegio costituiva l’anticamera d’onore in cui sostavano le delegazioni straniere e gli ambasciatori in attesa di essere ricevute dalla Serenissima Signoria, così come i magistrati veneziani che facevano ritorno dagli incarichi.

Anche questa sala venne danneggiata dall’incendio del 1574 e venne rinnovato su progetto del Palladio e di Vincenzo Scamozzi. Il monumentale camino con i due telamoni in marmo ospita sulla base superiore un rilievo con Venere chiede a Vulcano le armi per Enea. La stessa tecnica viene adottata per la decorazione plastica delle pareti e del soffitto, eseguita nel 1576- 77 da Marco d’Agnolo.

Al centro del soffitto è presente un ottagono con l’affresco di Paolo Veronese raffigurante Venezia dispensa ricchezze e onorificenze.

Alle pareti sono presenti quattro tele di soggetto mitologico di Jacopo Tintoretto realizzate originariamente per l’atrio quadrato, Mercurio e le Grazie, Pallade allontana Marte, Arianno trovata da Bacco e la Fucina di Vulcano. Queste allegorie delle stagioni sono interpretabili con il significato del governo saggio e prudente della Repubblica.

Il timpano del portale che conduce alla sala del Collegio, è sormontato da tre sculture di Alessandro Vittoria: le personificazioni di Venezia, della Concordia e della Gloria.

Sala del Collegio

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La sala del Collegio era la sede del governo del Pien Collegio, organo statale composto dalla Signoria (ossia il doge, il Minor Consiglio, e i tre capi della Quarantia Criminal) e i Savi. Il collegio discuteva le materie di ordine politico, economico, militare ed estero da portare in Senato e riceveva i diplomatici.

I seggi lignei vennero eseguiti a seguito dell’incendio dl 1574, così come gli intagli del soffitto opera di Andrea Faenza e Francesco Bello.

Nelle cornici sono sistemati i dipinti di Paolo Veronese che recano soggetti di storia antica e le Virtù necessarie al Buon Governo. Opera del Vicentino è invece la tela sopra il tribunale che raffigura La battaglia di Lepanto contro i Turchi.

Di Jacopo e Domenico Tintoretto sono invece i quadri votivi che raffigurano i dogi con la Vergine Maria e Santa Caterina. Da citare è infine il camino di tardo Cinquecento con Ercole e Mercurio e l’orologio murale che scandiva il tempo durante le sedute del Collegio.

Sala del Senato

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Il Senato, chiamato anche Consiglio dei Pregadi, era un organo composto da sessanta patrizi e una commissione di patrizi di uguale numero, detta “zonta’’.

Durante le riunioni al Senato si univano il Minor Consiglio, le Quarantie, gli Avogadori di Comun, il Consiglio dei Dieci, i Savi e se necessario altri magistrati, per un totale che poteva raggiungere i duecento membri.

Anche questa sala venne restaurata da Antonio da Ponte a seguito dell’incendio. Reca un soffitto ligneo con al centro la tela Il trionfo di Venezia di Domenico Tintoretto, circondato da opere raffiguranti le virtù della Repubblica di autografia varia.

Le pareti dell’aula sono ornate da due orologi, uno dei quali reca i segni zodiacali, scene allegoriche e quadri votivi di tardo Cinquecento.

Sopra il tribunale è presente Cristo morto sorretto dagli angeli adorato dai dogi Pietro Lando e Marcantonio Trevisan di Jacopo Tintoretto e bottega, che fronteggia I Dogi Lorenzo e Girolamo Priuli in Adorazione del Cristo trionfante di Palma il Giovane.

Le altre tele presenti nella sala sono opera del Tintoretto, di Palma il Giovane, Tiepolo e Marco Vecellio.

Sala del Consiglio dei Dieci

Questa sala ospitava la commissione composta dai Dieci, il Minor Consiglio e almeno un avogadore del Comun. Qui si svolgevano riunioni di massima segretezza su materie delicate quali la tranquillità e la prosperità dello stato, l’ordine pubblico, le sanzioni dei reati politici o compiuti dai nobili, la morale e il buon costume dei cittadini.

Per conseguire i loro scopi la commissione poteva avvalersi anche della tortura.

Sul perimetro della sala sono presenti i dossi lignei su cui sedevano i membri del consiglio, benché risultino mancanti quelli della tribuna semicircolare. Una porta conduceva agli uffici retrostanti e, attraverso le scale, alle carceri.

Le pareti sono decorate da un fregio di Giambattista Zelotti con putti, figure allegoriche e lo stemma del doge Francesco Donà e tele di fine Cinquecento e inizio seicento tra cui L’adorazione dei Magi di Antonio Aliense, e La pace di Bologna tra Carlo V e Clemente VII nel 1530 di Marco Vecellio.

Molto interessante è la decorazione pittorica racchiusa nei festoni a intaglio del soffitto, opera di Giambattista Ponchino da Castelfranco e Paolo Veronese, recante una serie di chiaroscuri a soggetto allegorico e simbolico che fanno da contorno ai pannelli di dimensioni maggiori, con divinità e rappresentazione della grandezza della Repubblica.

Sala della Bussola

Questa sala prende il nome dalla grande bussola ad angolo, che consente l’accesso a due passaggi nascosti, sovrastata da una statua della Giustizia. Da qui infatti i testimoni, difensori e accusati potevano accedere agli ambienti in cui si svolgevano i processi del supremo tribunale della Repubblica, del Consiglio dei Dieci e alle sale dei Tre Capi degli Inquisitori.

I luoghi in cui sedevano gli organi delle magistrature erano collegati alle vecchie prigioni con delle scalette, che salivano dai pozzi ai piombi.

La tela al centro del soffitto raffigura San Marco che incorona le virtù teologali, copia ottocentesca dell’originale di Paolo Veronese, oggi esposto al Louvre dopo essere stato trafugato dai francesi nel 1797.

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L’Armeria

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All’interno dell’Armeria, dapprima posto sotto il controllo del Maggior Consiglio, venivano custodite le armi.

La sigla “CX’’ posta sulla serratura d’ingresso e su molti pezzi indica l’appartenenza al Consiglio dei Dieci, a cui verrà affidata successivamente la gestione di questi spazi.

Al suo interno sono custoditi scudi e turcassi e armamenti, ma anche altri generi di cimeli tra cui prede belliche, trofei, stendardi, stoffe, sculture, dipinti donati allo Stato, che hanno fatto si che l’armeria assumesse anche la funzione di rappresentanza, tanto da essere aperta eccezionalmente quando Enrico III fece visita a Venezia.

La collezione si compone di oltre duemila armi, di diverse forme e modalità di impiego ed è composta da quattro sale.

Il Sottotetto

Le Prigioni (Piombi)

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Il sottotetto è occupato dall’ultimo piano delle prigioni, dette ”Piombi”. Il nome deriva dal metallo delle lastre di copertura che facevano si che la temperatura raggiungesse valori estremi durante l’estate.

Queste celle erano destinate a detenuti speciali in attesa di giudizio o di origini facoltose.

Sullo stesso piano è collocata la Sala della Tortura, dove venivano estorte le confessioni agli imputati.

Cancelleria Superiore

Le pareti di questa sala sono interamente ricoperte da armadi lignei risalenti al XVIII Secolo, con dipinti stemmi e i nomi dei cancellieri. Al loro interno venivano custoditi gli archivi della Signoria e del Collegio, oltre che i registri delle leggi del Maggior Consiglio e delle deliberazioni del Senato.

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Interni di Palazzo Ducale Venezia: domande frequenti

Cosa c’è dentro il Palazzo Ducale a Venezia?

Il Palazzo Ducale di Venezia contiene al suo interno un compendio completo della storia, della politica, dell’arte e delle istituzioni della Repubblica di Venezia.

Quante stanze ha il Palazzo Ducale di Venezia?

Il Palazzo è composto da circa un migliaio di stanze, non tutte visitabili.

Quanto si impiega a visitare il Palazzo Ducale?

La visita al Palazzo richiede almeno un paio d’ore, tre se lo si vuole visitare con più tranquillità.

Conclusioni

Si conclude qui questo articolo sugli interni del Palazzo dei Dogi di Venezia, puoi portarlo con te mentre attraversi le meravigliose sale del Palazzo, così da avere con te un riassunto sulle opere custodite e le funzioni che svolgevano i diversi ambienti.

Se hai ulteriori domande o curiosità non esitare a scrivermi!

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